L’olimpiade, Venezia, Rossetti, 1738

Assente nell'edizione Zatta Frontespizio
 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Ritiro in vicinanza de’ giuochi olimpici.
 
 ARISTEA ed ARGENE
 
 Argene
 Ed ancor della pugna
 l’esito non si sa?
 Aristea
                                 No, bella Argene.
 È pur dura la legge, onde n’è tolto
 d’esserne spettatrici!
 Argene
                                         Ah che sarebbe
495forse pena maggior veder chi s’ama
 in cimento sì grande e non potergli
 porger soccorso. Esser presente...
 Aristea
                                                              Io sono
 presente ancor lontana. Anzi mi fingo
 forse quel che non è. Se tu vedessi
500come sta questo cor! Qui dentro, amica,
 qui dentro si combatte. E più che altrove
 qui la pugna è crudele. Ho innanzi agli occhi
 Megacle, la palestra,
 i giudici, i rivali. Io mi figuro
505questi più forti e quei men giusti. Io pruovo
 doppiamente nell’alma
 ciò che or soffre il mio ben. Gli urti, le scosse,
 gl’insulti, le minacce... Ah che presente
 solo il ver temerei ma il mio pensiero
510fa ch’io tema lontana il falso e ’l vero.
 Argene
 Né ancor si vede alcun.
 Aristea
                                             Né alcuno... Oh dio!
 Argene
 Che avvenne?
 Aristea
                             O come io tremo!
 Come palpito adesso!
 Argene
                                          E la cagione?
 Aristea
 È deciso il mio fato.
515Vedi Alcandro che arriva.
 Argene
                                                 Alcandro, ah corri,
 consolane, che rechi?
 
 SCENA II
 
 ALCANDRO e dette
 
 Alcandro
 Fortunate novelle. Il re m’invia
 nunzio felice, o principessa. Ed io...
 Aristea
 La pugna terminò?
 Alcandro
                                      Sì, ascolta. Intorno
520già impazienti...
 Argene
                                 Il vincitor si chiede.
 Alcandro
 Tutto dirò. Già impazienti intorno
 le turbe spettatrici...
 Aristea
                                        Eh ch’io non cerco
 questo da te.
 Alcandro
                           Ma in ordine distinto...
 Aristea
 Chi vinse dimmi sol.
 Alcandro
                                         Licida ha vinto.
 Aristea
525Licida!
 Alcandro
                 Appunto.
 Argene
                                     Il principe di Creta!
 Alcandro
 Sì, che giunse poc’anzi a queste arene.
 Aristea
 (Sventurata Aristea!)
 Argene
                                          (Povera Argene!)
 Alcandro
 Oh te felice! Oh quale
 sposo ti diè la sorte!
 Aristea
                                       Alcandro parti.
 Alcandro
530T’attende il re.
 Aristea
                              Parti. Verrò.
 Alcandro
                                                       T’attende
 nel gran tempio adunata...
 Aristea
 Né parti ancor?
 Alcandro
                                (Che ricompensa ingrata!)
 
    Non merta tal disprezzo
 la mia sincera fede,
535ingiusta è la mercede,
 hai troppo ingrato il cor.
 
    Se ciò ti muove a sdegno,
 qual fosse il tuo disegno
 non so vedere ancor.
 
 SCENA III
 
 ARISTEA ed ARGENE
 
 Argene
540Ah dimmi, o principessa,
 v’è sotto il ciel chi possa dirsi, oh dio,
 più misera di me?
 Aristea
                                     Sì. Vi son io.
 Argene
 Ah non ti faccia amore
 provar mai le mie pene. Ah tu non sai
545qual perdita è la mia; quanto mi costa
 quel cor che tu m’involi.
 Aristea
                                               E tu non senti,
 non comprendi abbastanza i miei tormenti.
 
    Grandi, è ver, son le tue pene.
 Perdi, è ver, l’amato bene;
550ma sei tua; ma piangi intanto;
 ma domandi almen pietà.
 
    Io dal fato, io sono oppressa.
 Perdo altrui; perdo me stessa;
 né conservo almen del pianto
555l’infelice libertà.
 
 SCENA IV
 
 ARGENE e poi AMINTA
 
 Argene
 E trovar non poss’io
 né pietà né soccorso?
 Aminta
                                         Eterni dei!
 Parmi Argene colei.
 Argene
                                       Vendetta almeno,
 vendetta si procuri.
 Aminta
                                       Argene, e come
560tu in Elide! Tu sola!
 Tu in sì ruvide spoglie?
 Argene
                                              I neri inganni
 a secondar del prence
 dunque ancor tu venisti? A saggio invero
 regolator commise il re di Creta
565di Licida la cura! Ecco i bei frutti
 di tue dottrine. Hai gran ragione, Aminta,
 d’andarne altier. Chi vuol saper appieno
 se fu attento il cultor, guardi il terreno.
 Aminta
 (Tutto già sa). Non da’ consigli miei...
 Argene
570Basta... Chi sa? Nel cielo
 v’è giustizia per tutti e si ritrova
 talvolta anche nel mondo. Io chiederolla
 agli uomini, agli dei. S’ei non ha fede
 ritegni io non avrò. Vuo’ che Clistene,
575vuo’ che la Grecia, il mondo
 sappia ch’è un traditore. Acciò per tutto
 questa infamia lo siegua. Acciò che ogniuno
 l’abborrisca, l’eviti
 e con orrore a chi nol sa l’additi.
 Aminta
580Non son questi pensieri
 degni d’Argene. Un consigliero infido
 anche giusto è lo sdegno. Io nel tuo caso
 più dolci mezzi adoprerei. Procura
 ch’e’ ti rivegga; a lui favella, a lui
585le promesse rammenta. È sempre meglio
 il racquistarlo amante
 che opprimerlo nemico.
 Argene
                                              E credi, Aminta,
 ch’ei tornerebbe a me?
 Aminta
                                             Lo spero; alfine
 fosti l’idolo suo. Per te languiva,
590delirava per te. Non ti sovviene
 che cento volte e cento...
 Argene
 Tutto per pena mia, tutto rammento.
 
    So che soffersi oh dio!
 misera, affanni e pene.
595E pure è l’idol mio
 senza pietade e amor.
 
    Per lui tutto perdei,
 oggi lui perdo ancora.
 Così gl’affetti miei
600compensa il traditor.
 
 SCENA V
 
 AMINTA solo
 
 Aminta
 Insana gioventù, qualora esposta
 ti veggo tanto agl’impeti d’amore,
 di mia vecchiezza io mi consolo e rido.
 Dolce è il mirar dal lido
605chi sta per naufragar. Non che ne alletti
 il danno altrui ma sol perché l’aspetto
 d’un mal che non si soffre è dolce oggetto.
 Ma che? L’età canuta
 non ha le sue tempeste? Ah che purtroppo
610ha le sue proprie e dal timor dell’altre
 sciolta non è. Son le follie diverse
 ma folle è ognuno. E a suo piacer ne aggira
 l’odio o l’amor, la cupidigia o l’ira.
 
    Qual vinto è d’amore,
615qual tutto è fierezza,
 chi cerca l’onore,
 chi è pien di viltà.
 
    In noi qual nochiero
 ragion sta vegliando
620ma l’animo altero
 frenarsi non sa.
 
 SCENA VI
 
 CLISTENE preceduto da LICIDA, ALCANDRO, MEGACLE coronato d’ulivo, coro d’atleti, guardie e popolo
 
 TUTTO IL CORO
 
    Del forte Licida
 nome maggiore
 d’Alfeo sul margine
625mai non suonò.
 
 PARTE DEL CORO
 
    Sudor più nobile
 del suo sudore
 l’arena olimpica
 mai non bagnò.
 
 ALTRA PARTE
 
630   L’arti ha di Palade;
 l’ali ha d’Amore,
 d’Apollo e d’Ercole
 l’ardir mostrò.
 
 TUTTO IL CORO
 
    No, tanto merito,
635tanto valore
 l’ombra de’ secoli
 coprir non può.
 
 Clistene
 Giovane valoroso,
 che in mezzo a tanta gloria umil ti stai,
640quell’onorata fronte
 lascia ch’io baci e che ti stringa al seno.
 Felice il re di Creta
 che un tal figlio sortì! (Se avessi anch’io
 serbato il mio Filinto
645chi sa? Sarebbe tal. Rammenti Alcandro
 con qual dolor tel consegnai? Ma pure...)
 Alcandro
 (Tempo or non è di rammentar sventure).
 Clistene
 (È ver). Premio Aristea
 sarà del tuo valor. S’altro donarti
650Clistene può, chiedilo pur, che mai
 quanto dar ti vorrei non chiederai.
 Megacle
 (Coraggio, o mia virtù). Signor, son figlio
 e di tenero padre. Ogni contento
 che con lui non divido
655è insipido per me. Di mie venture
 pria d’ogni altro io vorrei
 giungergli apportator, chieder l’assenso
 per queste nozze e, lui presente, in Creta
 legarmi ad Aristea.
 Clistene
                                      Giusta è la brama.
 Megacle
660Partirò, se ’l concedi,
 senz’altro indugio. In vece mia rimanga
 questi, della mia sposa
 servo, compagno e condottier.
 Clistene
                                                         (Che volto
 è quello mai! Nel rimirarlo il sangue
665mi si riscuote in ogni vena!) E questi
 chi è? Come s’appella?
 Megacle
                                            Egisto ha nome,
 Creta è sua patria. Egli deriva ancora
 dalla stirpe real. Ma più che il sangue
 l’amicizia ne stringe e son fra noi
670sì concordi i voleri,
 comuni a segno e l’allegrezza e ’l duolo
 che Licida ed Egisto è un nome solo.
 Licida
 (Ingegnosa amicizia!)
 Clistene
                                           E ben, la cura
 di condurti la sposa
675Egisto avrà. Ma Licida non debbe
 partir senza vederla.
 Megacle
                                        Ah no. Sarebbe
 pena maggior. Mi sentirei morire
 nell’atto di lasciarla. Ancor da lunge
 tanta pena io ne pruovo...
 Clistene
                                                 Ecco che giunge.
 Megacle
680(O me infelice!)
 
 SCENA VII
 
 ARISTEA e detti
 
 Aristea
                                 All’odiose nozze
 come vittima io vengo all’ara avanti.
 Licida
 (Sarà mio quel bel volto in pochi istanti).
 Clistene
 Avvicinati, o figlia, ecco il tuo sposo.
 Megacle
 (Ah non è ver).
 Aristea
                               Lo sposo mio!
 Clistene
                                                           Sì. Vedi
685se giammai più bel nodo in ciel si strinse.
 Aristea
 (Ma se Licida vinse,
 come il mio bene?... Il genitor m’inganna).
 Licida
 (Crede Megacle sposo e se ne affanna).
 Aristea
 E questi, o padre, è il vincitor?
 Clistene
                                                          Mel chiedi?
690Non lo ravvisi al volto
 di polve asperso? All’onorate stille
 che gli rigan la fronte? A quelle foglie
 che son di chi trionfa
 l’ornamento primiero?
 Aristea
695Ma che dicesti Alcandro?
 Alcandro
                                                Io dissi il vero.
 Clistene
 Non più dubbiezze. Ecco il consorte a cui
 il ciel t’accoppia; e nol potea più degno
 ottener dagli dei l’amor paterno.
 Aristea
 (Che gioia!)
 Megacle
                          (Che martir!)
 Licida
                                                      (Che giorno eterno!)
 Clistene
700E voi tacete! Onde il silenzio?
 Megacle
                                                        (Oh dio!
 come comincerò!)
 Aristea
                                    Parlar vorrei
 ma...
 Clistene
             Intendo. Intempestiva
 è la presenza mia. Severo ciglio,
 rigida maestà, paterno impero
705incomodi compagni
 sono agli amanti. Io mi sovvengo ancora
 quanto increbbero a me. Restate. Io lodo
 quel modesto rossor che vi trattiene.
 Megacle
 (Sempre lo stato mio peggior diviene).
 Clistene
 
710   So ch’è fanciullo Amore
 né conversar gli piace
 con la canuta età.
 
    Di scherzi ei si compiace;
 si stanca del rigore
715e stan di rado in pace
 rispetto e libertà.
 
 SCENA VIII
 
 ARISTEA, MEGACLE e LICIDA
 
 Megacle
 Fra l’amico e l’amante
 che farò, sventurato!
 Licida
                                        (All’idol mio
 è tempo ch’io mi scuopra).
 Megacle
                                                   (Aspetta). Oh dio!
 Aristea
720Sposo, alla tua consorte
 non celar che t’affligge.
 Megacle
                                             (Oh pena! Oh morte!)
 Licida
 (L’amor mio, caro amico,
 non soffre indugio).
 Aristea
                                       Il tuo silenzio, o caro,
 mi cruccia, mi dispera.
 Megacle
                                             (Ardir, mio core.
725Finiamo di morir). Per pochi stanti
 allontanati, o prence.
 Licida
                                         E qual ragione...
 Megacle
 Va’. Fidati di me. Tutto conviene
 ch’io spieghi ad Aristea.
 Licida
                                               Ma non poss’io
 esser presente?
 Megacle
                                No, più che non credi
730delicato è l’impegno.
 Licida
                                         E ben. Tu ’l vuoi,
 io lo farò. Poco mi scosto. Un cenno
 basterà perch’io torni. Ah pensa, amico,
 di che parli e per chi. Se nulla mai
 feci per te, se mi sei grato e m’ami
735mostralo adesso. Alla tua fida aita
 la mia pace io commetto e la mia vita. (Parte)
 
 SCENA IX
 
 MEGACLE ed ARISTEA
 
 Megacle
 (Oh ricordi crudeli!)
 Aristea
                                         Alfin siam soli.
 Potrò senza ritegni
 il mio contento esagerar; chiamarti
740mia speme, mio diletto,
 luce degli occhi miei...
 Megacle
                                           No principessa,
 questi soavi nomi
 non son per me. Serbali pure ad altro
 più fortunato amante.
 Aristea
                                           E il tempo è questo
745di parlarmi così? Giunto è quel giorno...
 Ma semplice ch’io son. Tu scherzi, o caro,
 ed io stolta m’affanno.
 Megacle
                                           Ah non t’affanni
 senza ragion.
 Aristea
                           Spiegati dunque.
 Megacle
                                                             Ascolta
 ma coraggio Aristea. L’alma prepara
750a dar di tua virtù la prova estrema.
 Aristea
 Parla. Aimè! Che vuoi dirmi? Il cuor mi trema.
 Megacle
 Odi; in me non dicesti
 mille volte d’amar più che ’l sembiante
 il grato cor, l’alma sincera e quella
755che m’ardea nel pensier fiamma d’onore?
 Aristea
 Lo dissi, è ver. Tal mi sembrasti e tale
 ti conosco, t’adoro.
 Megacle
                                     E se diverso
 fosse Megacle un dì da quel che dici?
 Se infedele agli amici,
760se spergiuro agli dei, se fatto ingrato
 al suo benefattor morte rendesse
 per la vita che n’ebbe? Avresti ancora
 amor per lui? Lo soffriresti amante?
 L’accetteresti sposo?
 Aristea
                                        E come vuoi
765ch’io figurar mi possa
 Megacle mio sì scelerato?
 Megacle
                                                 Or sappi
 che per legge fatale,
 se tuo sposo divien, Megacle è tale.
 Aristea
 Come!
 Megacle
                Tutto l’arcano
770ecco ti svelo. Il principe di Creta
 langue per te d’amor. Pietà mi chiede
 e la vita mi diede. Ah principessa,
 se niegarla poss’io dillo tu stessa.
 Aristea
 E pugnasti...
 Megacle
                          Per lui.
 Aristea
                                          Perder mi vuoi...
 Megacle
775Sì, per serbarmi sempre
 degno di te.
 Aristea
                         Dunque io dovrò...
 Megacle
                                                             Tu dei
 coronar l’opra mia. Sì generosa,
 adorata Aristea. Seconda i moti
 d’un grato cor. Sia qual io fui finora
780Licida in avvenire. Amalo. È degno
 di sì gran sorte il caro amico. Anch’io
 vivo di lui nel seno
 e s’ei t’acquista, io non ti perdo appieno.
 Aristea
 Ah qual passaggio è questo! Io dalle stelle
785precipito agli abissi. Eh no; si cerchi
 miglior compenso. Ah senza te la vita
 per me vita non è.
 Megacle
                                    Bella Aristea,
 non congiurar tu ancora
 contro la mia virtù. Mi costa assai
790il prepararmi a sì gran passo. Un solo
 di quei teneri sensi
 quant’opera distrugge!
 Aristea
                                             E di lasciarmi...
 Megacle
 Ho risoluto.
 Aristea
                         Hai risoluto! E quando?
 Megacle
 Questo... (Morir mi sento).
795Questo è l’ultimo addio.
 Aristea
                                              L’ultimo! Ingrato...
 Soccorretemi o numi; il piè vacilla.
 Freddo sudor mi bagna il volto e parmi
 che una gelida man m’opprima il core.
 Megacle
 Sento che il mio valore
800mancando va. Più che a partir dimoro
 meno ne son capace.
 Ardir. Vado, Aristea. Rimanti in pace.
 Aristea
 Come? Già m’abbandoni?
 Megacle
                                                   È forza, o cara,
 separarsi una volta.
 Aristea
                                       E parti...
 Megacle
                                                          E parto
805per non tornar più mai.
 Aristea
 Senti. Ah no... Dove vai?
 Megacle
 A spirar, mio tesoro,
 lungi dagli occhi tuoi.
 Aristea
                                          Soccorso... Io... moro.
 Megacle
 Misero me! Che veggo?
810Ah l’oppresse il dolor. Cara mia speme,
 bella Aristea, non avvilirti; ascolta,
 Megacle è qui, non partirò. Sarai...
 Che parlo? Ella non m’ode. Avete, o stelle,
 più sventure per me? No, questa sola
815mi restava a pruovar. Chi mi consiglia?
 Che risolvo? Che fo? Partir? Sarebbe
 crudeltà, tirannia. Restar. Che giova?
 Forse ad esserle sposo? E il re ingannato
 e l’amico tradito e la mia fede
820e l’onor mio lo soffrirebbe? Almeno
 partiam più tardi. Ah che sarem di nuovo
 a quest’orrido passo. Ora è pietade
 l’esser crudele. Addio mia vita. Addio
 mia perduta speranza. Il ciel ti renda
825più felice di me. Deh conservate
 questa bell’opra vostra, eterni dei,
 e i dì ch’io perderò donate a lei.
 Licida. Dove è mai? Licida.
 
 SCENA X
 
 LICIDA e detti
 
 Licida
                                                    Intese
 tutto Aristea?
 Megacle
                            Tutto. T’affretta, o prence,
830soccorri la tua sposa.
 Licida
                                        Aimè! Che miro!
 Che fu?
 Megacle
                  Doglia improvvisa
 le oppresse i sensi.
 Licida
                                     E tu mi lasci?
 Megacle
                                                                Io vado...
 Deh pensa ad Aristea. (Che dirà mai
 quando in sé tornerà? Tutte ho presenti,
835tutte le smanie sue). Licida, ah, senti.
 
    Se cerca, se dice:
 «L’amico dov’è?»
 «L’amico infelice»
 rispondi «morì».
 
840   Ah no, sì gran duolo
 non darle per me.
 Rispondi ma solo:
 «Piangendo partì».
 
    Che abisso di pene!
845Lasciare il suo bene!
 Lasciarlo per sempre!
 Lasciarlo così!
 
 SCENA XI
 
 LICIDA ed ARISTEA
 
 Licida
 Che laberinto è questo! Io non l’intendo.
 Semiviva Aristea... Megacle afflitto...
 Aristea
850Oh dio.
 Licida
                 Ma già quell’alma
 torna agli usati uffici. Apri i bei lumi,
 principessa, ben mio.
 Aristea
                                          Sposo infedele!
 Licida
 Ah, non dirmi così. Di mia costanza
 ecco in pegno la destra.
 Aristea
                                             Almeno... O stelle!
855Megacle ov’è?
 Licida
                             Partì.
 Aristea
                                          Partì l’ingrato!
 Ebbe cor di lasciarmi in questo stato!
 Licida
 Il tuo sposo restò.
 Aristea
                                   Dunque è perduta
 l’umanità, la fede,
 l’amore, la pietà? Se questi iniqui
860incenerir non sanno,
 numi, i fulmini vostri in ciel che fanno?
 Licida
 Son fuor di me! Di’, chi t’offese, o cara,
 parla. Brami vendetta? Ecco il tuo sposo,
 ecco Licida...
 Aristea
                           Oh dei!
865Tu quel Licida sei! Fuggi, t’invola,
 nasconditi da me. Per tua cagione,
 perfido, mi ritrovo a questo passo.
 Licida
 E qual colpa ho commessa? Io son di sasso!
 Aristea
 
    L’atroce affanno
870ch’io provo in petto
 vien dal tuo inganno,
 o traditor,
 spietato cor,
 va’ che il tuo aspetto
875terror mi fa.
 
    Troppo è funesto
 questo tuo affetto
 che a mio dispetto
 nel cor mi sta.
 
 SCENA XII
 
 LICIDA e poi ARGENE
 
 Licida
880A me barbaro! O numi!
 Perfido a me? Voglio seguirla e voglio
 sapere almen che strano enigma è questo.
 Argene
 Fermati, traditor.
 Licida
                                   Sogno o son desto!
 Argene
 Non sogni, no; son io,
885l’abbandonata Argene. Anima ingrata,
 riconosci quel volto
 che fu gran tempo il tuo piacer. Se pure
 in sorte sì funesta
 delle antiche sembianze orma vi resta.
 Licida
890(Donde viene? In qual punto
 mi sorprende costei? Se più mi fermo
 Aristea non raggiungo). Io non intendo,
 bella ninfa, i tuoi detti. Un’altra volta
 potrai meglio spiegarti.
 Argene
                                              Indegno, ascolta.
 Licida
895(Misero me!)
 Argene
                            Tu non m’intendi? Intendo
 ben io la tua perfidia. I nuovi amori,
 le frodi tue tutte riseppi e tutto
 saprà da me Clistene
 per tua vergogna.
 Licida
                                   Ah no. Sentimi Argene.
900Non sdegnarti. Perdona
 se tardi ti ravviso. Io mi rammento
 gli antichi affetti e se tacer saprai
 forse... Chi sa?
 Argene
                              Si può soffrir di questa
 ingiuria più crudel? «Chi sa» mi dici!
905Invero io son la rea. Picciole pruove
 di tua bontà non sono
 le vie che m’offri a meritar perdono.
 Licida
 Ascolta. Io volli dir...
 Argene
                                        Lasciami, ingrato;
 non ti voglio ascoltar.
 Licida
                                         (Son disperato).
 Argene
 
910   Barbaro traditore
 non mi parlar d’amore,
 parlami di vendetta,
 parla di crudeltà.
 
    Crudele tu mi fai,
915per vendicarmi omai
 ho sin scordato i nomi
 d’amore e di pietà.
 
 SCENA XIII
 
 LICIDA e poi AMINTA
 
 Licida
 In angustia più fiera
 io non mi vidi mai. Tutto è in ruina
920se parla Argene. È forza
 raggiungerla, placarla... E chi trattiene
 la principessa intanto? Il solo amico
 potria... Ma dove andò? Si cerchi. Almeno
 e consiglio e conforto
925Megacle mi darà.
 Aminta
                                   Megacle è morto.
 Licida
 Che dici Aminta!
 Aminta
                                   Io dico
 purtroppo il ver.
 Licida
                                 Come? Perché? Qual empio
 sì bei giorni troncò? Trovisi; io voglio
 ch’esempio di vendetta altrui ne resti.
 Aminta
930Principe nol cercar. Tu l’uccidesti.
 Licida
 Io! Deliri?
 Aminta
                       Volesse
 il ciel ch’io delirassi. Odimi. In traccia
 mentre or di te venia, fra quelle piante
 un gemito improvviso
935sento; mi fermo, al suon mi volgo e miro
 uom che sul nudo acciaro
 prono già s’abbandona. Accorro; al petto
 fo d’una man sostegno,
 con l’altra il ferro svio. Ma quando al volto
940Megacle ravvisai,
 pensa com’ei restò, com’io restai.
 Dopo un breve stupore «Ah qual follia
 bramar ti fa la morte?»
 io volea dirgli, ei mi prevenne: «Aminta,
945ho vissuto abbastanza»
 sospirando mi disse
 dal profondo del cor. «Senza Aristea
 non so viver né voglio. Ah son due lustri
 che non vivo che in lei. Licida, oh dio,
950m’uccide e non lo sa. Ma non m’offende,
 suo dono è questa vita, ei la riprende».
 Licida
 Oh amico! E poi?
 Aminta
                                   Fugge da me, ciò detto,
 come partico stral. Vedi quel sasso,
 signor, colà che il sottoposto Alfeo
955signoreggia ed adombra? Egli v’ascende
 in men che non balena. In mezzo al fiume
 si scaglia; io grido invan. L’onda percossa
 balzò, s’aperse in frettolosi giri,
 si riunì, l’ascose. Il colpo, i gridi
960replicaron le sponde e più nol vidi.
 Licida
 Ah qual orrida scena
 or si scuopre al mio sguardo!
 Aminta
                                                       Almen la spoglia
 che albergò sì bell’alma
 vadasi a ricercar. Da’ mesti amici
965questi a lui son dovuti ultimi uffici.
 
 SCENA XIV
 
 LICIDA e poi ALCANDRO
 
 Licida
 Dove son! Che m’avvenne? Ah dunque il cielo
 tutte sopra il mio capo
 rovesciò l’ire sue! Megacle, oh dio,
 Megacle dove sei? Che fo nel mondo
970senza di te? Rendetemi l’amico,
 ingiustissimi dei. Voi mel toglieste,
 lo rivoglio da voi. Se lo niegate,
 barbari, a’ voti miei, dovunque ei sia,
 a viva forza il rapirò. Non temo
975tutti i fulmini vostri; ho cuor che basta
 a ricalcar su l’orme
 d’Ercole e di Teseo le vie di morte.
 Alcandro
 Olà!
 Licida
            Del guado estremo...
 Alcandro
                                                   Olà.
 Licida
                                                              Chi sei,
 tu che audace interrompi
980le smanie mie?
 Alcandro
                               Regio ministro io sono.
 Licida
 Che vuole il re?
 Alcandro
                                Che in vergognoso esiglio
 quindi lungi ti vada. Il sol cadente
 se in Elide ti lascia
 sei reo di morte.
 Licida
                                 A me tal cenno?
 Alcandro
                                                                Impara
985a mentir nome, a violar la fede,
 a deludere i re.
 Licida
                               Come? Ed ardisci
 temerario...
 Alcandro
                         Non più. Principe, è questo
 mio dover, l’ho adempito. Adempi il resto. (Parte)
 
 SCENA XV
 
 LICIDA
 
 Licida
 Con questo ferro, indegno,
990il sen ti passerò... Folle che dico,
 che fo? Con chi mi sdegno? Il reo son io,
 io son lo scellerato. In queste vene
 con più ragion l’immergerò. Sì, mori,
 Licida sventurato... Ah perché tremi,
995timida man? Chi ti ritiene? Ah questa
 è ben miseria estrema. Odio la vita,
 m’atterisce la morte e sento intanto
 stracciarmi a brano a brano
 in mille parti il cor. Rabbia, vendetta,
1000tenerezza, amicizia,
 pentimento, pietà, vergogna, amore
 mi trafiggono a gara. Ah chi mai vide
 anima lacerata
 da tanti affetti e sì contrari! Io stesso
1005non so come si possa
 minacciando tremare, arder gelando,
 piangere in mezzo all’ire,
 bramar la morte e non saper morire.
 
    M’accendo, m’agghiaccio
1010fra sdegno e furore.
 Confuso minaccio,
 tra pianto ed orrore.
 Spietato il destino
 tremare mi fa.
 
1015   L’amico infelice
 per me si diè morte,
 seguir la sua sorte
 quest’alma saprà.
 
 Fine dell’atto secondo